
Qualunque segno della comunicazione si compone di significante (l’elemento fisicamente percepibile, il mezzo concreto della comunicazione: nella lingua, lettere e suoni) e di significato (il contenuto della comunicazione) e si colloca in un certo ordine nel discorso (dimensione sintattica del segno), pertanto solitamente le figure retoriche si suddividono in tre gruppi (di fatto le possibili modalità di suddivisione sono moltissime):
– figure dell’ordine: livello della sintassi;
– figure del suono: livello del significante;
– figure del contenuto: livello del significato.
Vediamo quelle più diffuse e comuni, precisando che in molti casi i confini tra una figura e l’altra sono assai labili e che in un medesimo periodo possono esserci più figure retoriche insieme.
Le figure retoriche dell’ordine (livello della sintassi)
01- Accumulazione (vedi al link)
02- Anacoluto (vedi al link)
03- Anàfora (vedi al link)
04 – Anàstrofe (vedi al link)
05 – Asìndeto (vedi al link)
06 – Chiasmo (vedi al link)
07 – Climax (vedi al link)
08 – Ellissi (vedi al link)
09 – Enumerazione (link)
10 – Epifora (link)
11 – Ippàlage (link)
12 – Ipèrbato (link)
13 – Zèugma (gr. zéugma, “giogo”, “unione”, “legame”): dipendenza con identica funzione dallo stesso predicato di due o più sintagmi, che richiederebbero invece due predicati distinti.
Questa figura, dando vita a un blocco unitario, sintattico e semantico insieme, fra predicato e complementi diversi tra loro, produce una sorta di incongruenza di ordine e di senso, che dona maggiore pregnanza all’immagine creata.
Esempio 1.
Ma se le mie parole esser dien seme
che frutti infamia al traditor ch’i’ rodo,
parlare e lagrimar vedrai insieme.
(Dante, Inferno XXXIII, 7-9)
Esempio 2.
Poi ch’ella in sé tornò, deserto e muto
quanto mirar poté d’intorno scorse.
«Ito se n’è pur,» disse «ed ha potuto
me qui lasciar de la mia vita in forse?
[…]»
(T. Tasso, Gerusalemme liberata XVI, 63, 1-4)
Esempio 3.
Io gli studi leggiadri
talor lasciando e le sudate carte,
ove il tempo mio primo
e di me si spendea la miglior parte,
d’in su i veroni del paterno ostello
porgea gli orecchi al suon della tua voce,
ed alla man veloce
che percorrea la faticosa tela.
(G. Leopardi, A Silvia, 15-22)
Esempio 4.
Leva in roseo fulgor la cattedrale
le mille guglie bianche e i santi d’oro,
osannando irraggiata: intorno, il coro
bruno de’ falchi agita i gridi e l’ale.
(G. Carducci, Sole e amore, 5-8)
Esempio 5.
Col tempo, s’era avvezzata a ciò che aveva tutto il giorno davanti agli occhi e negli orecchi: la volontà potente e sfrenata d’un così gran signore, era per lei come una specie di giustizia fatale. Ragazza già fatta, aveva sposato un servitor di casa, il quale, poco dopo, essendo andato a una spedizione rischiosa, lasciò l’ossa sur una strada, e lei vedova nel castello.
(A. Manzoni, I Promessi Sposi XX)
Nadia Gambis è nata e vive a Livorno. Ha frequentato l’Università di Pisa, laurea con lode in Lettere, indirizzo classico. Grazie al suo lavoro di tesi sul teatro plautino, Contributi ad una metaforologia plautina. (Pseudolus), le è stato riconosciuto un assegno ministeriale quadriennale presso il Dipartimento di Filologia Latina di Pisa. Ha insegnato materie letterarie, curando in particolare l’aspetto linguistico e letterario dell’italiano e del latino. Nel 1989 ha pubblicato una silloge poetica, Fiore di donna, Editrice Nuova Fortezza. Coautrice di due corsi di grammatica, lingua e cultura latina per il biennio dei Licei, Proxime, Trevisini Editore, 2010; Agenda Latina, Bompiani, 2013 e 2014. Tiene seminari di latino e lezioni di letteratura italiana presso l’UNITRE cittadina. Si dedica anche alla scrittura di testi poetici e racconti brevi, pubblicati talvolta in forma cartacea oppure on-line. Nel 2016 ha fatto parte della giuria del concorso nazionale di prosa e poesia Scarabeus.
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