
Qualunque segno della comunicazione si compone di significante (l’elemento fisicamente percepibile, il mezzo concreto della comunicazione: nella lingua, lettere e suoni) e di significato (il contenuto della comunicazione) e si colloca in un certo ordine nel discorso (dimensione sintattica del segno), pertanto solitamente le figure retoriche si suddividono in tre gruppi (di fatto le possibili modalità di suddivisione sono moltissime):
– figure dell’ordine: livello della sintassi;
– figure del suono: livello del significante;
– figure del contenuto: livello del significato.
Vediamo quelle più diffuse e comuni, precisando che in molti casi i confini tra una figura e l’altra sono assai labili e che in un medesimo periodo possono esserci più figure retoriche insieme.
Le figure retoriche dell’ordine (livello della sintassi)
01- Accumulazione (vedi al link)
02- Anacoluto (vedi al link)
03- Anàfora (vedi al link)
04 – Anàstrofe (vedi al link)
05 – Asìndeto (vedi al link)
06 – Chiasmo (vedi al link)
07 – Climax (vedi al link)
08 – Ellissi (vedi al link)
09 – Enumerazione (link)
10 – EPìFORA (gr. epiphorá, epí + phéro, “aggiunta”, “supplemento”’) o EPìSTROFE (gr. epistrophé, epí + strépho, “rivolgimento indietro”, “ritorno”): ripetizione di una o più parole identiche, alla fine di segmenti linguistici che si susseguono. Quando tale ripetizione si pone invece all’inizio, si ha l’ANÀFORA.
Tale figura, che rientra nell’ambito della ripetizione, dona enfasi al concetto, immagine o azione reiterati, marcati in particolare dalla posizione in chiusura di enunciato.
Esempio 1.
Più sordo e più fioco
s’allenta, si spegne.
Solo una nota
ancor trema, si spegne,
risorge, trema, si spegne.
Non s’ode voce del mare.
(D’Annunzio, La pioggia nel pineto, 75-80)
Esempio 2.
Senza di te un albero
non sarebbe più un albero.
Nulla senza di te
sarebbe quello che è.
(G. Caproni, A Rina)
Esempio 3.
Orazio e Metastasio gli risposero quasi nello stesso modo. Come se lui avesse chiesto: E perché loro? Mossero nello stesso modo la faccia, e gli rimandarono la domanda: E perché loro?
(E. Vittorini, Uomini e no)
Esempio 4.
Chi si appoggia sul braccio così?, mi dicevo. Quando ci si appoggia sul braccio così?, mi chiedevo. Dove ci si appoggia sul braccio così?, mi scervellavo. Adesso lo so, ma in quel momento sarebbe stato impossibile pensarlo.
(V. Magrelli, Geologia di un padre)
Nadia Gambis è nata e vive a Livorno. Ha frequentato l’Università di Pisa, laurea con lode in Lettere, indirizzo classico. Grazie al suo lavoro di tesi sul teatro plautino, Contributi ad una metaforologia plautina. (Pseudolus), le è stato riconosciuto un assegno ministeriale quadriennale presso il Dipartimento di Filologia Latina di Pisa. Ha insegnato materie letterarie, curando in particolare l’aspetto linguistico e letterario dell’italiano e del latino. Nel 1989 ha pubblicato una silloge poetica, Fiore di donna, Editrice Nuova Fortezza. Coautrice di due corsi di grammatica, lingua e cultura latina per il biennio dei Licei, Proxime, Trevisini Editore, 2010; Agenda Latina, Bompiani, 2013 e 2014. Tiene seminari di latino e lezioni di letteratura italiana presso l’UNITRE cittadina. Si dedica anche alla scrittura di testi poetici e racconti brevi, pubblicati talvolta in forma cartacea oppure on-line. Nel 2016 ha fatto parte della giuria del concorso nazionale di prosa e poesia Scarabeus.
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