Qualunque segno della comunicazione si compone di significante (l’elemento fisicamente percepibile, il mezzo concreto della comunicazione: nella lingua, lettere e suoni) e di significato (il contenuto della comunicazione) e si colloca in un certo ordine nel discorso (dimensione sintattica del segno), pertanto solitamente le figure retoriche si suddividono in tre gruppi (di fatto le possibili modalità di suddivisione sono moltissime):
– figure dell’ordine: livello della sintassi;
– figure del suono: livello del significante;
– figure del contenuto: livello del significato.
Vediamo quelle più diffuse e comuni, precisando che in molti casi i confini tra una figura e l’altra sono assai labili e che in un medesimo periodo possono esserci più figure retoriche insieme.
Le figure retoriche dell’ordine (livello della sintassi)
01- Accumulazione (vedi al link)
02- Anacoluto (vedi al link)
03- Anàfora (vedi al link)
04 – Anàstrofe (vedi al link)
05 – Asìndeto (vedi al link)
0.6 – CHIASMO (gr. chiasmós, “disposto a croce”; la forma della lettera greca χ – chi -, da cui deriva il termine, illustra graficamente la posizione degli elementi chiastici): disposizione incrociata immaginaria di due parole o due gruppi di parole in una frase, secondo lo schema di simmetria speculare A-B//B1-A1.
Tale figura pone in rilievo un concetto o un’immagine, espressi attraverso membri apparentemente distanti, ma sintatticamente omogenei.
Esempio 1.
Le donne, i cavallier, l’arme, gli amori,
le cortesie, l’audaci imprese io canto
che furo al tempo che passaro i Mori
d’Africa il mare, […].
(L. Ariosto, Orlando furioso I, 1, 1-4)
Esempio 2.
Odi greggi belar, muggire armenti,
Gli altri augelli contenti, a gara insieme
Per lo libero ciel fan mille giri,
Pur festeggiando il lor tempo migliore:
[…]
(G. Leopardi, Il passero solitario, 8-11)
Esempio 3.
Cigola la carrucola del pozzo,
l’acqua sale alla luce e vi si fonde.
Trema un ricordo nel ricolmo secchio,
nel puro cerchio un’immagine ride.
(E. Montale, Cigola la carrucola del pozzo, 1-4)
Esempio 4.
«Chiacchiere! la finirò io: io la finirò!» interruppe Renzo, questa volta, andando in su e in giù per la stanza, e con una voce, con un viso, da non lasciar dubbio sul senso di quelle parole.
(A. Manzoni, I Promessi Sposi VII)
Esempio 5.
«Veda vostra paternità; son cose, come io le dicevo, da finirsi tra di noi, da seppellirsi qui, cose che a rimestarle troppo… si fa peggio. Lei sa cosa segue: quest’urti, queste picche, principiano talvolta da una bagattella, e vanno avanti, vanno avanti… A voler trovarne il fondo, o non se ne viene a capo, o vengon fuori cent’altri imbrogli. Sopire, troncare, padre molto reverendo: troncare, sopire. […]»
(A. Manzoni, I Promessi Sposi XIX)
Nadia Gambis è nata e vive a Livorno. Ha frequentato l’Università di Pisa, laurea con lode in Lettere, indirizzo classico. Grazie al suo lavoro di tesi sul teatro plautino, Contributi ad una metaforologia plautina. (Pseudolus), le è stato riconosciuto un assegno ministeriale quadriennale presso il Dipartimento di Filologia Latina di Pisa. Ha insegnato materie letterarie, curando in particolare l’aspetto linguistico e letterario dell’italiano e del latino. Nel 1989 ha pubblicato una silloge poetica, Fiore di donna, Editrice Nuova Fortezza. Coautrice di due corsi di grammatica, lingua e cultura latina per il biennio dei Licei, Proxime, Trevisini Editore, 2010; Agenda Latina, Bompiani, 2013 e 2014. Tiene seminari di latino e lezioni di letteratura italiana presso l’UNITRE cittadina. Si dedica anche alla scrittura di testi poetici e racconti brevi, pubblicati talvolta in forma cartacea oppure on-line. Nel 2016 ha fatto parte della giuria del concorso nazionale di prosa e poesia Scarabeus.
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