Literaria Academy 06 | Figure retoriche: Anàstrofe

retorica


Qualunque segno della comunicazione si compone di significante (l’elemento fisicamente percepibile, il mezzo concreto della comunicazione: nella lingua, lettere e suoni) e di significato (il contenuto della comunicazione) e si colloca in un certo ordine nel discorso (dimensione sintattica del segno), pertanto solitamente le figure retoriche si suddividono in tre gruppi (di fatto le possibili modalità di suddivisione sono moltissime):

figure dell’ordine: livello della sintassi;

figure del suono: livello del significante;

figure del contenuto: livello del significato.


Vediamo quelle più diffuse e comuni, precisando che in molti casi i confini tra una figura e l’altra sono assai labili e che in un medesimo periodo possono esserci più figure retoriche insieme.

Le figure retoriche dell’ordine (livello della sintassi)

01- Accumulazione (vedi al link)

02- Anacoluto (vedi al link)

03- Anàfora  (vedi al link

04 – ANÀSTROFE (gr. anastrépho, “rovesciare”): inversione dell’ordine logico consueto di due o più parole all’interno di una frase (complemento oggetto /verbo; aggettivo/sostantivo; complemento di specificazione/nome; complemento indiretto/verbo, nome ecc.). Tale inversione consente di anticipare l’elemento voluto, ponendolo in posizione dominante indipendentemente dalla funzione logica che ha nella frase.

Esempio 1.

La bocca sollevò dal fiero pasto
quel peccator, forbendola a’ capelli
del capo ch’elli avea di retro guasto.
(Dante, Inferno XXXIII)

Esempio 2.

Dolce e chiara è la notte e senza vento,
E
queta sovra i tetti e in mezzo agli orti
Posa la luna, e di lontan rivela
Serena ogni montagna
. O donna mia,
Già tace ogni sentiero, e pei balconi
Rara traluce la notturna lampa
:
Tu dormi, che
t’accolse agevol sonno
Nelle tue chete stanze; e non
ti morde
Cura nessuna
; e già non sai né pensi
Quanta piaga m’apristi in mezzo al petto. (G. Leopardi,
La sera del dì di festa)

Esempio 3.

Spesso il male di vivere ho incontrato

era il rivo strozzato che gorgoglia

era l’incartocciarsi della foglia

riarsa, era il cavallo stramazzato.

Bene non seppi, fuori del prodigio

che schiude la divina Indifferenza:

era la statua nella sonnolenza

del meriggio, e la nuvola, e il falco alto levato. (E. Montale, Spesso il male di vivere)

Esempio 4.

Annalisa è un avvocato. O meglio, lo è stata. Adesso ha quasi abbandonato l’attività per dedicarsi alla politica. È assessore alla pubblica istruzione da due anni – Carla pensa che di scuola non capisce nulla, ma lo tiene per sé. (C. Palazzolo, Nel bosco di Aus)


Nadia Gambis è nata e vive a Livorno. Ha frequentato l’Università di Pisa, laurea con lode in Lettere, indirizzo classico. Grazie al suo lavoro di tesi sul teatro plautino, Contributi ad una metaforologia plautina. (Pseudolus), le è stato riconosciuto un assegno ministeriale quadriennale presso il Dipartimento di Filologia Latina di Pisa. Ha insegnato materie letterarie, curando in particolare l’aspetto linguistico e letterario dell’italiano e del latino. Nel 1989 ha pubblicato una silloge poetica, Fiore di donna, Editrice Nuova Fortezza. Coautrice di due corsi di grammatica, lingua e cultura latina per il biennio dei Licei, Proxime, Trevisini Editore, 2010; Agenda Latina, Bompiani, 2013 e 2014. Tiene seminari di latino e lezioni di letteratura italiana presso l’UNITRE cittadina. Si dedica anche alla scrittura di testi poetici e racconti brevi, pubblicati talvolta in forma cartacea oppure on-line. Nel 2016 ha fatto parte della giuria del concorso nazionale di prosa e poesia Scarabeus.

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