
Dalla finestrina della sua camera, sopra la scuderia della fabbrica di mattoni, Yakov Bok, quella mattina sul presto, vide la gente, in cappotto lungo, che correva tutta nella stessa direzione. Vey iz mir [Povero me], pensò a disagio, è successo qualcosa di brutto. I russi, che venivano dalle strade intorno al cimitero, si affrettavano, soli o in gruppi, verso le grotte del burrone; qualcuno correva, sull’acciottolato fangoso, in mezzo alla neve primaverile. Yakov nascose in fretta il minuscolo barattolo dove teneva i rubli d’argento, e scese alla svelta in cortile, per scoprire le cause di tanta agitazione.
Bernard Malamud, L’uomo di Kiev, trad. di Ida Ombroni, Minimum Fax 2014, p. 405